Domande da Fare al Colloquio al Selezionatore
In questa guida spieghiamo quali sono le domande da fare al selezionatore durante il colloquio di lavoro.
Quando si parla di domande a un colloquio di lavoro, ci vengono in mente, in genere, quelle poste dal selezionatore al candidato. In effetti, rappresentano la quasi totalità della casistica. Eppure, quando ti stai per avviare alla fine di un colloquio, è abbastanza consueto che ti venga posta da colui o colei che effettua la selezione una domanda di questo tipo: “Ha per caso una domanda da porre?”. Sappiate, che non la si dovrebbe prendere troppo alla leggera e il peggiore errore che possiate commettere è di rispondere “no, grazie”. Un candidato, che non pone domande, viene ritenuto o scarsamente interessato alla posizione lavorativa, oppure poco informato, comunque, non nelle condizioni di saper chiedere all’azienda una qualche informazione che ritenga utile. In questa guida, vi diamo qualche dritta per evitare di fare brutta figura e di restare senza parole. Se porgerete al selezionatore la domanda giusta, potreste riuscire a distinguervi dalla massa degli altri candidati, aumentando le probabilità di accedere almeno alla fase successiva dei colloqui.
Una domanda, che potreste porre è questa: “Come pensa che io possa essere in grado di contribuire allo sviluppo dei vostri valori aziendali?”. In questo modo, segnalerete al selezionatore di essere interessati alla crescita dell’azienda e ai suoi valori, puntando a conoscere proprio quale possa essere il vostro aiuto allo scopo.
Un’altra domanda intelligente potrebbe essere “Quale grado di esperienza posseggono i componenti del team, del quale farei eventualmente parte, nel caso di mia assunzione?”. E ancora: “Nei primi tot mesi di lavoro, quali obiettivi pensate che io debba essere in grado di raggiungere?”. Questa domanda è interessante, perché evidenzia la vostra volontà di conoscere i target aziendali, in modo da essere in grado di centrarli. Potreste anche approfittare della buona impressione, che pensate di aver fatto durante il colloquio, per chiedere al reclutatore “Quale potenziale vede in me?”, o anche “Cosa l’ha colpita nel mio curriculum, da averla indotta a chiamarmi per sostenere il colloquio?”. Questa domanda potrebbe fornirvi anche qualche dettaglio in più di quali siano gli aspetti, per i quali veniate considerati eventualmente all’altezza delle aspettative. Può capitare, per esempio, di pensare di essere stati chiamati a fare un colloquio per una certa preparazione scolastica o per una specifica esperienza professionale, quando saranno stati altri i vostri punti di forza, come la conoscenza di una lingua straniera o un hobby particolare, che magari ha suscitato l’interesse dell’azienda.
Altre domande valide possono essere le seguenti: “Cosa vi aspettate dal candidato che supererà tutti gli step della selezione e che verrà assunto in prova?”. La risposta vi serve anche per capire cosa desideri principalmente l’azienda o anche per valutare se abbiate capito bene la posizione, per la quale vi state candidando. E ancora: “Vede in me un qualche punto di debolezza? E se sì, quale?”. Anche in questo caso, se il selezionatore vi fornirà una risposta sincera, avrete la possibilità di mostrarvi successivamente più forti proprio nel punto debole colto in voi al primo colloquio, nonché di valutare se siete in grado di superare l’ostacolo o se non sia il caso di passare avanti.
E ancora: “Quale caratteristica ritiene che mi manchi per essere il candidato numero uno?”. Serve a voi per capire in cosa siete apparsi in difetto per mostrarvi vincenti al massimo, ma all’azienda segnala la vostra volontà di affermazione in fase di selezione, di primeggiare e di essere i vincitori, nonché esternerete uno spirito competitivo, che non guasta mai e che, anzi, viene considerato sempre positivo da parte di chi seleziona i candidati. Potreste ali limite porre una domanda ancora più esplicita “Le ho fatto una buona impressione in questo colloquio?”.
Quanto alle domande da non porre al vostro selezionatore, ovviamente bisogna rifuggire da quelle scarsamente intelligenti o che vadano sul piano personale, perché fareste solo una cattiva figura. Dunque, tanto per rendere il concetto, evitare di sprecare l’opportunità di fare una buona impressione, ponendo una domanda del tipo “Se vengo assunto dovrò lavorare in questo ufficio?” o “Anche Lei ha figli?”. E lo stesso dicasi per le interrogazioni a proposito della retribuzione o dell’orario di lavoro. Certo, avete diritto a conoscere quanto guadagnereste mensilmente, ma non è cosa da chiedere al primo approccio, perché fornisce l’impressione all’azienda che siate interessati soltanto alla busta paga di fine mese e non a una crescita professionale seria. Sappiate che prima di mettere nero su bianco, l’azienda dovrà indicarvi quanto guadagnereste, per cui non affrettatevi a chiederlo dall’inizio. Lo stesso vale per l’orario di lavoro. Non chiedete “A che ora si esce la sera?” o cose simili, anche se altra cosa sarebbe, invece, se la posizione prevede una disponibilità full time o part time, visto che l’una o l’altra tipologia potrebbe determinare il vostro interesse o la vostra capacità di fare fronte all’impegno lavorativo.